“Io, con le lettere anonime al Comune di Erice, sbandierate dal sindaco Tranchida e dalla sindaca Toscano non c’entro nulla”. Non è una difesa d’ufficio quella di Luigi Manuguerra. O meglio è una difesa che utilizza le carte di un ufficio, quello del Giudice per le indagini preliminari. “Avevo chiesto – continua Manuguerra – copia del fasciscolo al GIP Cavasino e come si può leggere non sono stato autorizzato a leggere le carte perché non sono indagato, né persona offesa dal reato, né titolare di un legittimo interesse alla conoscenza degli atti. Quindi non ho nulla a che fare con le lettere anonime ericine”. Il sindaco Giacomo Tranchida, in una recente conferenza stampa per fare chiarezza sul caso Erice, dopo gli arresti domiciliari all’ex vicesindaco Angelo Catalano, sotto accusa per corruzione ed abuso d’ufficio, aveva delineato il quadro storico-politico degli attacchi subiti dalla sua amministrazione nei due mandati di governo, indicando le lettere anonime come strumento di lotta politica dei suoi avversari. Ha anche denunciato un sistema di “mascariamento” della sua persona e della sindaca Toscano indicando Manuguerra come il protagonista di una serie di manovre a suo danno. L’annuncio di querele e controquerele ha poi affiancato il reciproco scambio d’accuse. Ora un nuovo capitolo con Manuguerra che rende noto un atto del GIP Cavasino.
CASO ERICE, MANUGUERRA: “NON C’ENTRO NULLA CON LE LETTERE ANONIME. POSSO DIMOSTRARLO”
21 Febbraio 2019
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