L’artigiano è in crisi. Come si suole dire da Trento a Trapani. La CGIA di Mestre ha elaborato i dati forniti dell’INPS. “Negli ultimi 10 anni il numero degli artigiani presenti nel nostro Paese – si legge in una nota della CGIA – ha subito un crollo verticale di quasi 400mila unità. Se nel 2014 ne contavamo 1,77 milioni, l’anno scorso la platea è scesa a 1,37 milioni, -22 per cento. Pertanto, possiamo affermare con grande preoccupazione che in due lustri quasi un artigiano su quattro ha gettato la spugna”. Anche la Sicilia dà il suo contributo al trend negativo. Le imprese registrate nel 2014 erano 88.867. Dopo 10 anni il numero in valore assoluto è di 73.279. Si sono dunque perse per strada 15.588 aziende con un calo del 17,5%. Calo che segna anche il confronto tra il 2024 ed il 2023 (75.733). “Bruciate” 2.454 imprese (-3,2%). Il dato siciliano – provincia per provincia – sottolinea che Caltanissetta, Trapani, Palermo, Catania hanno fatto peggio. Più di tutti Caltanissetta con una riduzione secca del 4% (3.469 imprese nel 2023, 3.329 nel 2024: -140). Secondo posto in negativo per Catania che è scesa del 3.5% (17.015 nel 2023, 16.427 nel 2024: – 588). Terzo posto – non certo a pari merito – per Trapani e Palermo con una perdita del 3,4%. Nel caso del territorio trapanese le imprese erano 7.304 nel 2023; sono scese a 7.054 nel 2024 (-250). Palermo è passata da 15.082 del 2023 a 14.567 del 2024. Fuori gioco dunque 515 imprese. E’ andata meglio rispetto alla media regionale alla provincia di Enna. E’ scesa del 3%, con 3.009 attività artigiane nel 2023 e 2.920 nel 2024 (-89). Ha fatto ancora meglio Siracusa che ha limitato i danni al 2,9%. Con 5.910 imprese nel 2023 e 5.737 nel 2024 (-173). Messina ha registrato un calo del 3,1% con 11.316 imprese nel 2023 e 10.963 nel 2024 (-353). Decisamente meglio hanno fatto Agrigento (-2,8%: 6.440 nel 2023, 6.258 nel 2024, con una differenza di 182 aziende) e Ragusa che tra il 2024 ed il 2023 ne ha perse 164, passando da 6.188 a 6.024. La nota della CGIA di Mestre rimarca un altro elemento di riflessione che va oltre i numeri: “A seguito del progressivo invecchiamento della popolazione artigiana e la corrispondente contrazione dei giovani che si avvicinano a questi mestieri, anche a seguito del calo demografico, è molto probabile che entro un decennio reperire sul mercato un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista in grado di eseguire un intervento di
riparazione o manutenzione presso la nostra abitazione o nel luogo dove
lavoriamo sarà un’operazione difficilissima”. La nota della Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato prova ad addolcire la pillola: “Questa riduzione in parte è anche riconducibile al processo di aggregazione e acquisizione che ha
interessato alcuni settori dopo le grandi crisi 2008/2009, 2012/2013 e 2020/2021. Purtroppo, questa spinta verso l’unione aziendale ha compresso la platea degli artigiani, ma ha contribuito positivamente ad aumentare la dimensione media delle imprese, spingendo all’insù anche la produttività di molti comparti; in particolare, del trasporto merci, del metalmeccanico, degli installatori impianti e della moda”. Pillola che tuttavia rimane amara: “Negli ultimi decenni tante professioni ad alta intensità manuale hanno subito una svalutazione culturale; questo processo ha allontanato molti ragazzi dal mondo dell’artigianato. Il tratto del profondo cambiamento avvenuto, ad esempio, è riscontrabile dal risultato che emerge dalla comparazione tra il numero di avvocati e di idraulici presenti nel nostro Paese. Se i primi sono poco più di 233mila unità, si stima che i secondi siano solo 165mila. E’ evidente che la mancanza di tante figure professionali di natura tecnica siano imputabili a tante criticità. A nostro avviso le principali sono: lo scarso interesse che molti giovani hanno nei confronti del lavoro manuale; la mancata programmazione formativa verificatasi in tante regioni del nostro Paese e l’incapacità di migliorare ed elevare la qualità dell’orientamento scolastico che, purtroppo, è rimasto ancorato a vecchie logiche novecentesche. Ovvero, chi al termine delle scuole medie inferiori ha dimostrato buone capacità di apprendimento è consigliato dal corpo docente a iscriversi a un liceo. Chi, invece, fatica a stare sui libri viene invitato a intraprendere un percorso di natura tecnica o, meglio ancora, professionale; creando, di fatto, studenti di serie a, di serie b e, in molti casi, anche di serie c”. Da qui la necessità di una netta inversione di tendenza: Negli ultimi 45 anni c’è stata una svalutazione culturale spaventosa del lavoro manuale. L’artigianato è stato dipinto come un mondo residuale, destinato al declino e per riguadagnare il ruolo che gli compete ha bisogno di robusti investimenti nell’orientamento scolastico
e nell’alternanza tra la scuola e il lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo gli istituti professionali che in passato sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico del Paese”.
ARTIGIANATO IN CRISI. I DATI DELLA CGIA DI MESTRE. BRUTTI NUMERI PER TRAPANI

18 Agosto 2025
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