STORIE DI PARTITI…TRAPANESI/4. LA LEGA, IL PARTITO SALVINIANO ALLEATO MA NON TROPPO

26 Agosto 2020

Carro, autobus, treno…? C’è l’imbarazzo della scelta per definire la Lega in Sicilia, in provincia di Trapani. Un partito in divenire, legato e collegato alla leadership di Matteo Salvini, ma soprattutto condizionato dalle dinamiche di potere. Tutti pronti a salire sul carro, sull’autobus, sul treno…, quando la destinazione era quella buona, sicura, delle stanze del governo nazionale. Tutti – quasi – pronti a scendere quando il governo giallo-verde è stato sostituito da da quello giallo-rosso. Gran lavoro per gestire la fase vincente, gran lavoro per gestire la fase, se non perdente, sicuramente più complicata, perché all’opposizione è sempre tutto più complicato. C’è da dire che per la Lega la vita non è facile neanche quando – come nel caso siciliano – la porta del potere è aperta: il governo Musumeci è di centrodestra, il partito è parte integrante della coalizione, ma c’è sempre qualcosa di strano, come in questi giorni. Con la Lega che deve spingere con forza per non rimanere fuori dalla coalizione per le Amministrative di ottobre. Il caso Marsala è emblematico. Tutto il resto del centrodestra con Massimo Grillo, soltanto i salviniani fuori dal progetto. Il partito trapanese subisce in piccolo quel che registra quello regionale. L’unità nel centrodestra, quando c’è la Lega di mezzo, ha sempre un ma, accompagnato da un però. L’unità è spesso formale e difficilmente sostanziale. Va bene per un comunicato contro un avversario comune ma è assolutamente insufficiente per costruire un’alternativa politica. La Lega trapanese ha un coordinatore, Bartolo Giglio, ed ha una storia. E’ quella di un pezzo della destra trapanese che ha deciso di seguire il percorso salviniano. Destra con confini ben definiti. E’ quella che si è riconosciuta e continua a riconoscersi nell’ex deputato regionale Livio Marrocco. Le prove? Giglio è un suo fedelissimo. Il coordinatore di Erice Leonardo Torre, prima ancora di essere un fedelissimo, è un amico di vecchia data. Il consigliere ed ex candidato sindaco di Mazara del Vallo Giorgio Randazzo ha sfiorato la vittoria alle Comunali dell’anno scorso avendo al suo fianco, passo dopo passo, l’ex deputato regionale. La Lega trapanese ha dunque una leadership che non si può esprimere fino in fondo perché Marrocco sconta gli effetti di un processo giudiziario, ma soprattutto mediatico, per le cosiddette “Spese Pazze all’Ars”. Una condanna in primo grado che non gli consente di utilizzare tutti gli spazi politiche che avrebbe a disposizione ma che non gli impedisce di essere comunque un punto di riferimento, senza ruoli, senza compiti, ma con l’esperienza accumulata negli anni e sul campo. E’ una Lega, quella trapanese, che in tempi non sospetti, ha definito i suoi rapporti di forza interni. Al gruppo “Marrocco”, per così dire, s’è contrapposto, per qualche tempo, un’altra componente, che faceva riferimento all’onorevole Alessandro Pagano e che aveva come referente locale l’ex consigliere comunale di Valderice Roberto Bertini. Le nomine dicono che la sfida è stata vinta dal primo gruppo. La Lega trapanese conosce bene i suoi avversari esterni. Ha imparato a conoscere, strada facendo, quelli interni, meglio, quelli di coalizione. La sua linea politica trova spesso nel centrodestra momenti di tensione e d’incomprensione. I salviniani sono poco propensi ai progetti civici – torna a galla ancora Marsala – ma il centrodestra trapanese è stato ed è ancora sensibile, in particolare alcune sue componenti, a questa soluzione che è ancora forte e rappresentativa sul territorio. Perché toglie dall’imbarazzo degli schieramenti anomali e consente ampi margini di manovra nelle trattative e nelle possibilità di vincere. La Lega che richiama all’unità della coalizione e ad una sua visibilità concreta, a volte, ha dato fastidio. Fastidio che riguarda anche la sua volontà di organizzarsi sul territorio, di avere qualcosa di simile a quelle che erano le “sezioni” dei partiti. Fin quando i suoi dirigenti si limitano alle battaglie di carattere nazionale – “prima gli italiani” – va tutto bene, quando invece si occupa di questioni concrete rischia d’invadere campi che non vogliono subire l’invasione. Un esempio su tutti: l’attivismo in provincia di Trapani dell’assessore regionale ai Beni Culturali Alberto Samonà (seconda nave romana, area archeologica di Salemi, Museo del Mare di Pantelleria intitolato a Sebastiano Tusa, i rostri nel mare egadino, i lavori al Castello Aarabo-Normanno di Castellammare del Golfo, lo “Stazzuni” a Partanna) è concreto e “subito” dal resto della coalizione, che non può certo dire nulla ma che tema la caratterizzazione dell’impegno leghista sui temi culturali che poi rimandano al turismo e quindi ad opportunità di lavoro potenziali e reali e di conseguenza alla relativa presenza politica sul territorio. La Lega trapanese scombina gli equilibri anche quando entra nel merito della “questione morale”. Si dichiara garantista ma va giù dura come nel caso del Comune di Erice o di Paceco. Finisce così per mettere in crisi la vecchia forma di garantismo del centrodestra, più attendista, anche per esperienza storica e perché in politica non si sa mai ed è meglio scegliere l’equilibrio alle linee di confine: o di qua o di là. La Lega trapanese è dunque alleata sì ma non troppo. E’ utile per fare numero, per dare l’impressione che vi sia realmente una coalizione di centrodestra ma quando accelera sulle questioni che ritiene più pregnanti rischia di essere un problema.

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