L’allarme è legittimo, avere sotto casa un deposito nazionale di scorie radioattive sarebbe sicuramente un problema, comunque un rischio, ma è anche necessario leggere le carte, che parlano chiaro. L’iter per realizzare l’impianto, uno ed uno solo, è articolato. Tuttavia nei territori indicati come idonei ad ospitarlo è scattata la corsa al comunicato stampa. Amministrazioni locali, partiti, associazioni hanno alzato le barricate. Anche in provincia di Trapani, perché nel suo territorio sono stati individuati due siti idonei: a Calatafimi-Segesta ed a Trapani, zona Dattilo-Fulgatore. Il nuovo elenco dei siti idonei è stato pubblicato sul sito del Ministero dell’Ambiente e fa parte della proposta di Carta Nazionale delle Aree Idonee. La levata di scudi di queste ore non è nuova sul territorio. C’era stata anche in precedenza quando la procedura per il via libera al deposito aveva definito le aree potenzialmente ad ospitare il deposito nazionale. In quella fase era 67, ora sono state ridotte a 51, non più potenzialmente idonee ma idonee. La Carta dei 51 è stata redatta dalla Sogin, società pubblica che si occupa di questo settore. Su tutto vigila e coordina l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin). Dalla pubblicazione della proposta di Carta, quella dei 51, è cominciato il conto alla rovescia. Ci sono infatti 30 giorni di tempo per autocandidarsi. Dunque, i territori o i Comuni che non sono stati inseriti tra i siti idonei possono chiedere di potervi fare parte. Ma l’autocandidatura riguarda anche le aree che già fanno parte del gruppo dei 51. Una sorta di escamotage tecnico – quest’ultimo – per sondare il terreno, politicamente parlando. C’è quindi un’alternativa alla levata di scudi. Ci si può fare avanti e consegnare al Ministero l’interesse ad avere il deposito nazionale. In qualche modo la Carta dei 51 potrebbe così essere ridefinita, con la possibilità di aumentare nel numero di idonei e con una sorta di lista delle disponibilità tra chi c’è già nella lista. Ma non finisce qui. Il percorso amministrativo prevede una serie di accorgimenti tecnici: valutazione ambientale strategica, interlocuzione con gli enti locali interessati ed i rispettivi territori. Passaggi che portano a stimare nel 2030 l’apertura del deposito. Impianto che occuperà un’area di 150 ettari, di questi, 110 per il deposito e 40 per il Parco Tecnologico. Nel dettaglio: verranno utilizzati 10 ettari per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a bassa intensità ed altri 10 ettari per lo stoccaggio dei rifiuti a media ed alta attività. Il resto di ettari a disposizione verrà utilizzato per la fascia di rispetto e per altre strutture di supporto.
La levata di scudi del territorio
Rosalia d’Alì (presidente del Distretto Turistico): “E’ inaccettabile che il nostro territorio diventi una discarica di rifiuti radioattivi. E’ impensabile che un territorio di pregio artistico, naturalistico, architettonico come il nostro, vocato decisamente al turismo, possa essere dichiarato idoneo per quest’attività. Da anni cerchiamo di promuovere, tutti insieme, il territorio come luogo incontaminato e di grandi bellezze paesaggistiche e adesso, allo stesso modo, dobbiamo essere coesi, forze istituzionali e politiche, nel dire no, anche per il tramite del Presidente della Regione Renato Schifani, a questa proposta indecente e fortemente penalizzante”.
Cristina Ciminnisi (deputata regionale M5S): “Trapani e la Sicilia non sono e non saranno mai la discarica del Paese. Il governo Schifani dichiari la totale contrarietà nell’individuazione della Sicilia quale deposito nazionale per i rifiuti radioattivi. Nelle prossime ore depositerò una mozione per impegnare il governo Schifani a stoppare questo ennesimo disegno a danno dei siciliani. Le condizioni geografiche, le infrastrutture, il carattere insulare, nonché i siti di pregio agricolo ed archeologico delle due aree del trapanese rendono assolutamente improponibile la proposta del CNAI”.
Francesco Gruppuso (sindaco di Calatafimi-Segesta): “Non basta avere uno dei Parchi archeologici, Segesta, più belli e più rinomati del mondo, un fiume di acque calde termali famoso fin dai tempi dei Romani, una cittadina medievale impareggiabile per bellezza come Erice, essere la provincia più vitata d’Italia, e rappresentare quindi uno dei principali poli turistici della Sicilia, tutto questo non è bastato ad evitare che questo territorio rimanesse nell’elenco delle aree idonee ad ospitare il sito nazionale dei rifiuti radioattivi. Un pervicacia scellerata che insospettisce circa le ragioni ed i criteri con cui ancora oggi, secondo la Sogin e il Ministero, i 2 siti di Calatafimi Segesta e Fulgatore permangono idonei nella lista”.