Fulgatore, aperta campagna. E’ il 5 novembre del 1998. In un casolare lontano dal centro abitato della frazione trapanese viene ucciso un uomo. Si chiama Benedetto Ganci. Massacrato dalla violenza del suo assassino. Che colpisce con ferocia, utilizzando dei paletti di cemento che raggiungono la vittima al volto, al capo, alle braccia. Lesioni gravissime che porteranno Ganci alla morte. Chi è stato? Difficile ricostruire i fatti. Non ha visto nessuno. Non ci sono notizie. Il caso viene archiviato. Gli indizi sono pochi, sicuramente insufficienti a far scattare un provvedimento della magistratura. Ma ieri la svolta. Perché gli investigatori non hanno mai mollato la presa. Il caso viene riaperto con una testimonianza che mette i Carabinieri sulle tracce del presunto omicida. La testimonianza è di una delle figlie di Ganci, minorenne quando viene ucciso il padre. La donna si reca alla stazione dei Carabinieri di Salemi e racconta quel che sa, che aveva saputo. Nutre dei sospetti. E’ il mese di agosto del 2020. Sospetti che vengono raccolti, esaminati per avere riscontri concreti. “Gli spunti offerti dalle dichiarazioni della giovane – si legge in una nota dei Carabinieri -, dato il chiaro interesse investigativo suscitato, hanno portato alla riapertura del caso, vicenda che vent’anni prima era stata archiviata a carico d’ignoti per la ritenuta insufficienza di elementi a carico dell’indagato”. L’indagato di ieri ora tratto in arresto è Antonio Adamo, 69 anni, il cognato di Ganci, lo zio della donna che ha messo i Carabinieri sulle sue tracce. Le indagini riprendono vigore e la Procura della Repubblica di Trapani comincia a mettere assieme i tasselli di una storia che poteva essere scritta in un altro modo. Comincia così “un’analisi – continua la nota dei Carabinieri – un’analisi retrospettiva degli atti contenuti nel fascicolo in precedenza archiviato”. Scattano le intercettazioni, le dichiarazioni incrociate di persone informate sui fatti. Gli investigatori puntano dritto sull’ambiente familiare. Si compone il puzzle indiziario ed Adamo finisce al centro dell’attenzione. C’è un movente. Il presunto omicida “avrebbe covato, per diversi anni, un sentimento di profondo astio verso il cognato in quanto, quest’ultimo, intuendo le morbose attenzioni, anche di natura sessuale, mostrate dall’Adamo nei confronti delle sue figlie, lo avrebbe redarguito in più occasioni, intimandogli di restare lontano dalle nipoti”. I Carabinieri aggiungono che “la vittima, pertanto, sarebbe stata ritenuta un ostacolo ai desideri sessuali nutriti dall’indagato nei confronti, in particolar modo, di una nipote, all’epoca minorenne”. Ganci, sarebbe stato così tratto in inganno con un appuntamento serale nel casolare di campagna ed ucciso. Le indagini avrebbero anche fatto emergere il ruolo del padre del presunto omicida: “In quanto non avrebbe riferito fatti cui aveva direttamente assistito quando, la notte dell’omicidio, sorprese il figlio intento a ripulirsi da macchie di sangue”. Adamo è stato arrestato e condotto in carcere per “un concreto ed attuale pericolo d’inquinamento probatorio, anche tenuto conto del fatto che l’arrestato, temendo di poter essere denunciato ed indagato, aveva minacciato le persone a conoscenza di elementi a suo carico”, e perché sussiste “un concreto pericolo di fuga”, visto che subito dopo l’omicidio si era reso irreperibile trasferendosi in Germania, ma anche per il “suo stato di formale latitanza quando era ricercato per altri reati”. (Video https://youtu.be/7g-KvAGjIhM)