BORGO FORSE NON C’E’ PIU’, MA E’ ANCORA COSI’ IMPORTANTE…

31 Luglio 2020

Solo 230 passi. Ma intensi. Per me. E sarebbe una questione personale. Ma credo che sia così anche per tanti altri. Vecchi e giovani. Solo 230 passi che sono identità, appartenenza. Un’alchimia sopraffina. Quei 230 passi della Via Palermo. Sono storia, suo rifugio. Sono riappacificazione con se stessi, con gli altri. Sono radici. E’ davvero strano, quasi incomprensibile, come possano dare emozioni forti, veri e pugni nello stomaco dell’anima di chi li ha vissuti, percorsi, anche soltanto raccontati. Borgo, una città di 230 passi. Personalmente il ritiro spirituale. Da compiere a passo lento, con nostalgia, anche con disincanto, perché Borgo forse non c’è più. Non c’è più la sua gente. Soltanto pochi sopravvissuti. Non ci sono più i due bar. Da sempre più e molto di più di un bar. Luogo di ritrovo, di confronto, anche di risate in libertà. Così importanti che quando da piccolo volevo comprare qualcosa non sapevo dove andare, perché pensavo di fare uno sgarbo preferendo l’uno all’altro. Borgo forse non c’è più, perché leggere “affittasi” in quello che oggi, di fronte a tanta politica spazzatura, deve essere ricordato come un tempio di democrazia, il Circolo Mazzini, fa male. E’ la vita. Ma appunto, la vita a volte fa male. Ed è questo un caso. Una palestra di vita, prima ancora che di politica. Un punto di riferimento che produceva identità. Da lì non sono passati soltanto politici, non si è costruita una storia che può essere sintetizzata in un nome ed in un cognome, Nino Montanti. Ma i nomi da fare sarebbero tanti altri. Ma il suo li sintetizza tutti, anche quelli che magari non sono stati d’accordo con lui. Li sintetizza perché è toccato a lui rappresentare un capolavoro politico ed una tradizione che manca tanto alla politica italiana, quella repubblicana, laica, riformista. Solo 230 passi, ma tante storie. Tanto rispetto. Passivi, piccolo, poi più grandicello, e ti seguiva una voce: “Salutami papà, salutami la mamma”, in qualche caso non sapevo neanche bene chi fossero, ma apprezzavo e garantivo di non dimenticarmi del saluto. Solo 230 passi che mi hanno fatto pensare che poteva esserci un futuro per Borgo. E quel futuro era il free press “Trapani Ok”, costruito dal nulla. Da un’idea di un irrefrenabile “pazzo”, dal nome Ignazio Grimaldi. Un vulcano d’idee da contenere, da tenere sui giusti binari perché la sua capacità di deragliare è da primato mondiale, ma anche uno spirito libero che si è buttato anima e corpo in quel progetto. E costruito dalla mia voglia di fare, di crederci, quasi una missione laica per dare seguito ad una storia, quella di Borgo, che mi è stata raccontata fin da piccolo. L’emozione di ogni giorni di lavorare nello stesso immobile, nell’appartamento accanto in cui era vissuta mia nonna paterna. Una strana sensazione quotidiana di ritrovarmela davanti alla porta sorridente quando andavo a trovarla. Quei 230 passi che ho voluto contare qualche giorno fa nella mia passeggiata di meditazione mi hanno strappato un sorriso davanti all’edicola. Un’altra istituzione di Borgo. L’edicola della signora Savalli. L’Angela Merkel dei giornali, per chi non ha avuto modo di conoscerla. La mia corsa sfrenata a comprare le figurine Panini, l’attesa per “Guitar Club”, la necessità di comprare i quaderni per la scuola. La “paura” a sedici anni a comprare “L’Unità”, io figlio di repubblicani convinti ma che mi hanno sempre lasciato decidere. Portai a casa il giornale, ma in quegli anni quando ancora la politica era ideologia e quindi una cosa seria, mi sentivo un repubblicano di sinistra, uno di sinistra repubblicano. Sicuramente laico. Una medaglia che intendo mettermi al petto, ancor di più oggi, di fronte ad una politica che mortifica e che si fa mortificare, che non sa più affermare la divisioni dei poteri, che cerca teste da tagliare non pensando che la mannaia alla fine è come una ruota, gira, gira… ed arriva su tutte le capocce. Borgo forse non c’è più. Ma ce ne sarebbe tanto bisogno. Perché quei 230 passi – non tutta la via Palermo – sono stati comunità, quel che manca in questa fase. Sono stati idee. Sono stati scontri ed amicizie vere e non ipocrisia, vera regina dei nostri tempi. Sono stati riscatto sociale. Voglia di affermarsi ma insieme. Sono stati orgoglio, passione senza professorini, come ora, che fanno i saputelli perché hanno una carica politica o istituzionale. Borgo forse non c’è ma per me è comunque un rifugio dell’anima che mi tengo ben stretto. Chissà magari un giorno tornerà ad essere quello che era.

Notizie Correlate