Le motivazioni della Cassazione, che ha deciso un nuovo processo per l’ex senatore Antonio D’Alì, dopo due assoluzioni, in primo e secondo grado, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, non vanno giù alla difesa dell’esponente forzista. La Corte è andata giù pesante, annullando la sentenza della Corte d’Appello di Palermo. Per i giudici non è logica la cesura netta tra i due periodi che hanno riguardato l’assoluzione di D’Alì. I reati contestati prima del 1994 prescritti, quelli dopo il 1994 non accertati e quindi non punibili. Da qui l’assoluzione in due gradi di giudizio. Ma per la Cassazione il prime e dopo 1994 non può essere netto e non può non avere rilievo la vicinanza di D’Alì – secondo i giudici – a personaggi di primo piano della mafia. L’ex senatore viene tirato in ballo – nelle motivazioni della sentenza – anche per alcune operazioni immobiliari ed economiche in linea con gli interessi di Cosa Nostra. In una nota i legali dell’ex senatore, Gino Bosco e Stefano Pellegrino, entrano nel merito delle motivazioni e della stessa soluzione giudiziaria del rito abbreviato.
La nota dei legali dell’ex senatore D’Alì
Non possiamo che prendere atto, con disappunto, delle infelici motivazioni espresse dalla Cassazione che, come noto, dovrebbe solamente esaminare profili di legittimità della sentenza di appello impugnata dal P.G. Ci pare in verità che la Corte di Cassazione si sia spinta un po’ oltre, con alcune improprie valutazioni di merito che risultano ovviamente parziali, dato che la realtà processuale oggetto di giudizio della Suprema Corte non tiene conto, perché non poteva tenerne, di separate vicende processuali, per le quali si è creato di recente anche un giudicato definitivo, che ancora una volta hanno demolito l’impianto accusatorio del teste Birrittella: ci riferiamo ad esempio al processo Mannina basato sulle uniche accuse del Birrittella di voler acquistare la Calcestruzzi Ericina per conto delle cosche trapanesi. Ebbene il Mannina è stato assolto in Cassazione ed è stata annullata interamente la misura di prevenzione patrimoniale. Pertanto la fattispecie della Calcestruzzi Ericina per come ormai processualmente delineata ed esaminata dalla Cassazione andrà necessariamente riletta, in sede di merito, senza “personaggi in cerca di gloria” e senza riferimento alcuno al preteso intervento di chicchessia in favore delle cosche trapanesi, escluso dalla stessa Cassazione nel processo Mannina (dove le accuse del Birrittella sono cadute nel vuoto assoluto) e non (in linea teorica) nel processo di Antonio D’Alì. Il tutto appare un po’ strano. Tuttavia, almeno, la Corte ha messo dei paletti alla eventuale nuova attività istruttoria da compiersi in sede di appello, dichiarando inammissibili le richieste di integrazioni istruttorie avanzate dal PG al riguardo del teste Treppiedi e della vicenda del dott.Linares, articolate altresì nel ricorso per Cassazione dello stesso PG. Non va sottaciuto inoltre che i punti sui quali si è soffermata la Suprema Corte sono stati già oggetto del vaglio iniziale della Procura di Palermo che aveva già chiesto e ribadito formale proposta di archiviazione ed al successivo vaglio ancor più approfondito del Tribunale di Palermo GIP e dalla Corte di Appello di Palermo che hanno concluso con l’assoluzione del D’Alì. Infine merita una serena e profonda riflessione dagli organi competenti la scelta operata dal legislatore riguardo al giudizio abbreviato ed introdotta nel nostro sistema penale, di fatto posta nel nulla. La giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, nel tempo, ha demolito questo istituto allargando sempre più i casi di integrazioni istruttorie e di rinnovazioni dibattimentali, richieste dalle Procure, ponendo così nel nulla il diritto dell’imputato di essere giudicato con il giudizio abbreviato (anche per giungere in tempi solleciti alle sentenze) dato che evidenti buchi legislativi minano fortemente il diritto di difesa, costituzionalmente garantito. Nel caso sono già trascorsi circa 10 anni ed in prospettiva ne trascorreranno altri 4 o 5 prima di giungere alla fine del nuovo percorso processuale che non potrà che confermare le precedenti assoluzioni di Antonio D’Alì.