Che sia un pasticcio ci vuole poco a capirlo anche senza entrare nel merito delle questioni giuridiche. Che il prossimo 23 febbraio sarà una giornata ad alta tensione per la politica siciliana non c’è dubbio alcuno. Che il ricorso al TAR (i ricorsi) abbia più di un fondamento sta nelle cose e basta leggerlo per averne una ulteriore conferma. Che il suo accoglimento metterebbe la Sicilia di fronte ad un caos politico ed istituzionale senza precedenti è quanto mai chiaro. Sta di fatto che la prima sezione del TAR di Palermo ha nelle sue mani le sorti della nuova Assemblea regionale siciliana. Per l’ex deputato regionale Marco Lucio Forzese, candidato non rieletto nel collegio di Catania, con la lista Alternativa Popolare – lista che non ha superato la soglia di sbarramento del 5% per partecipare alla ripartizione dei seggi – non è stata rispettata la legge nella presentazione delle candidature e di conseguenza chi ha sbagliato va escluso dall’Ars. Ap finirebbe così per superare la soglia del 5% e di conseguenza avrebbe la sua rappresentanza parlamentare. Forzese – ma è in buona compagnia – impugna come una bandiera la legge Severino, o meglio uno dei suoi quattro decreti legislativi attuativi delle norme approvate nel novembre 2012. E l’interpretazione letterale delle norme e dei commi che Forzese mette in campo lascia pochi margini di manovra. Nel ricorco si fa riferimento all’articolo 9 del decreto legislativo n.235 del 2012. Il primo comma recita: “Oltre alla documentazione prevista, ciascun candidato rende, unitamente alla dichiarazione di accettazione della candidatura, una dichiarazione sostitutiva attestante l’insussistenza delle cause di incandidabilità”. Quest’ultme sono definite nell’articolo 7 del decreto. Ma è il comma 2 ad essere dirompente: “Gli uffici cancellano dalle liste stesse i nomi dei candidati per i quali manca la dichiarazione sostitutiva di cui al comma 1 e dei candidati per i quali venga comunque accertata, dagli atti o documenti in possesso dell’ufficio, la sussistenza di alcuna delle predette condizioni d’incandidabilità”. Forzese, con il suo ricorso, ad esempio, taglierebbe di netto tutti i candidati del Movimento Cinquestelle e parte dei candidati delle altre liste. Ma chi non ha rispettato la “Severino” non l’ha fatto per partito preso ma perché – ed è qui il pasticcio – i moduli predisposti dall’Amministrazione regionale non fornivano alcun riferimento al decreto legislativo in questione ma si limitavano a seguire l’articolo 15 della legge n.15 del 1990. Anche in questo caso si parla di cause d’incandidabilità ma su basi meno ampie rispetto all’articolo 7 del decreto. L’ex deputato regionale, nel suo ricorso, chiama in causa gli uffici centrali circoscrizionali e l’ufficio centrale regionale che avrebbero dovuto cancellare i nomi di chi non aveva presentato la dichiarazione sostitutiva. L’ex parlamentare anticipa le obiezioni e ritiene che l’errore commesso non sia sanabile, che non possa essere superato e quindi il vizio resta e va rispettato il comma 2 del decreto legislativo. Forzese boccia i controlli successivi che sarebbero stati fatti dagli uffici e denuncia il riferimento ad una norma abrogata che comprende ulteriori cause d’incandidabilità. L’ex deputato regionale è difeso e rappresentato dagli avvocati Bonaventura Lo Duca ed Andrea Nicolosi. A pensarla come Forzese e come i suoi legali sono in tanti e i ricorsi si sprecano. Il via libera al ricorso porterebbe verso un sostanziale azzeramento dell’attuale Assemblea. Condizione d’incertezza che finirebbe per travolgere anche il governo siciliano.
ARS, IL RICORSO DI FORZESE CHE PUO’ FARE SALTARE IL NUOVO PARLAMENTO SICILIANO
11 Gennaio 2018
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