Il Pd trapanese ha deciso di non perdere una sola occasione per stare al centro dell’attenzione e soprattutto per farsi del male. Forse è necessaria un po’ di storia. All’indomani del voto del 25 settembre, dopo una mazzata storica, i dirigenti provinciali hanno preso il dato delle Regionali – primo partito sul territorio – e l’hanno portato in processione come se fosse un “santo” da venerare ed omaggiare. Facendo passare in secondo piano il dato vero e concreto: la sconfitta alle Politiche ed alle Regionali. Altro “santo” in processione, il seggio mantenuto all’Ars, che soltanto un terremoto politico ed elettorale avrebbe potuto negare ai dem viste le forze in campo. Un po’ di confronto sui numeri. Nessun accenno, anche tattico, alle dimissioni di un gruppo dirigente, segretario in testa, che aveva comunque perso ed avanti tutta, nonostante tutto. Nell’attesa della proclamazione degli eletti all’Ars le prime schermaglie, con il segretario e candidato battuto Domenico Venuti che chiedeva chiarezza sullo spoglio in alcuni seggi e su un seggio di Misiliscemi. La chiarezza è arrivata ed anche qualche voto in più per Safina. Ed ancora, avanti tutta, comunque! Si apre una blanda discussione su un congresso che è sulla bocca di tutti ma che in pochi hanno compreso a cosa possa servire. Dire costituente è come dire nulla. Tra una chiacchiera e l’altra arriva il ricorso di Venuti contro l’elezione di Safina, “reo”, a suo dire, di non essersi dimesso da presidente del Circolo Tennis Trapani, che ha preso contributi regionali e di avere mantenuto la nomina a consulente a titolo gratuito del sindaco Giacomo Tranchida. Anche in questo caso Venuti non ha mai pensato alle dimissioni per evitare quello che accade da giorni: un partito senza rotta, senza punti di riferimento e con i suoi rappresentanti che si vanno schierando da una parte o dall’altra. Per non parlare del cosiddetto dibattito-social che ha raggiunto vette altissime di civiltà, di rispetto e di considerazione del pensiero altrui. Tanti personaggi in cerca d’autore che non contano nulla ma si sento chissà chi. In questo pasticcio senza precedenti mancava la ciliegina sulla torta. L’ha portata e messa il segretario comunale del Pd di Trapani Andrea Rallo. Le sue dimissioni carbonare – portano la data del 12 novembre – sono state tenute sotto copertura per 9 giorni, poi la solita “fuga di notizie” da gestire tra i social e qualche canale di comunicazione preferenziale, ha posto il caso. Da qui le interpretazioni del caso. E la necessità dello stesso Rallo di smentire qualsiasi collegamento con la vicenda Venuti-Safina e con un cambio di rotta repentino. Dalla scelta carbonara a quella di rendere nota la lettera di dimissioni in versione integrale. Se non fosse tutto vero sembrerebbe un testo satirico. Ma è invece la realtà di un partito che sta mortificando sé stesso e che non ha il minimo rispetto per i suoi elettori. Un ricorso presentato senza un confronto interno, senza coinvolgere i dirigenti del partito. Dimissioni lasciate nel cassetto non si comprende bene a che scopo. Dimissioni dal contenuto da interpretare pur di fronte alla versione integrale perché dopo la lettura è facile porsi una serie di domande senza risposta. Con ogni probabilità questo è soltanto l’inizio di una deriva che porterà ad un congresso da ultima spiaggia. In queste ore, rigorosamente, via social, c’è chi ha invocato il commissariamento del Pd trapanese, tanto per allentare la tensione. Ma il dato politico che s’impone va contro questa richiesta. Si può commissariare un partito che c’è. Non si può commissariare qualcosa che sembra il nulla.
LA BRUTTA FINE DEL PARTITO DEMOCRATICO TRAPANESE
22 Novembre 2022
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