Mozione di sfiducia, quanto mai inflazionata, ma come ormai buona parte delle questioni trapanesi, seguita da polemiche, interpretazioni. Una delle poche certezze è l’articolo 56 dello Statuto Comunale che, all’articolo 56, recita: “Il Sindaco – nonché la Giunta e il Consiglio Comunale cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata favorevolmente, per appello nominale, dal 60 per cento dei consiglieri assegnati. I criteri e le modalità per la presentazione della mozione di sfiducia sono disciplinate dalla legge. In sintesi: almeno 10 firme per la presentazione, dal decimo al trentesimo giorno per la discussione e votazione. L’articolo 56 sottolinea due punti politicamente importanti, visti i precedenti in giro per la Sicilia e non solo. Se la mozione passa vanno tutti a casa. Il Sindaco per primo, la Giunta al seguito, ma anche il Consiglio. S’azzera tutto e la Regione nomina un commissario che porterà il Comune al voto. Dunque, non rimane in piedi nessuno. C’è un’interruzione anticipata del mandato amministrativo e consiliare. L’articolo 56 sottolinea anche che il voto sarà per appello nominale. Ancora in sintesi: il consigliere deve metterci la faccia. Non c’è il segreto dell’urna. Deve dire se è d’accordo e contrario. Altro elemento che nella storia delle mozioni ha fatto scuola. La sfiducia, c’è poco da fare, passa dai numeri. Il Consiglio fa 24. Il 60 per cento di 24 – si tratta di una maggioranza qualificata -, dice la calcolatrice, fa 14,4. Ed è qui che si arrovella la politica trapanese, anche se sa che c’è il sicuro rifugio della Regione che, del resto, detta le regole. Ma per parlare con la Regione è necessario scrivere, formalmente, ufficialmente, perché si fa così. Avere qualche amico all’Assessorato competente è sempre una buona cosa ma come si suole dire serve la carta scritta. Perché? Perché 14,4 si arrotonda per difetto? E quindi servono almeno 14 voti per approvare la mozione? Oppure per eccesso? E di conseguenza si sale a 15 consiglieri? Quindi, basta superare la virgola per passare a 15? Oppure è necessario superare il arrivare a 5 oppure oltre, dopo la virgola? Non è un problema di virgole ma di sostanza. Da qui a Palazzo Cavarretta, sede del Consiglio, il passo è breve. Ci sono i numeri per presentarla? Sembrerebbe di sì. L’opposizione (4 consiglieri di Fratelli d’Italia, 3 di Amo Trapani ed altri 3 di Trapani 2028) arriva a 10 e 10 sono le firme utili per far partire la macchina della sfiducia. Se tutti salgono a bordo, il primo passo è fatto. Ma non basta perché per mandare a casa il sindaco Giacomo Tranchida servono almeno 14 forse 15 voti. Il primo cittadino ha una maggioranza? Sembrerebbe di sì: 4 consiglieri di Rigenerazioni-Europa Verde, 3 di Trapani al Centro, 3 di Trapani Tua, di certo 3 del Misto. La somma fa 13, ma anche la consigliera ex Trapani Tua Giusy Ilenia Poma viene considerata in quota alla coalizione. La maggioranza andrebbe a 14. Con questi numeri, la mozione natalizia, si parla del mese di dicembre, verrebbe affondata dai numeri. Per avere una chance deve sperare in una crisi della coalizione tranchidiana. Se i 4 consiglieri di Rigenerazioni-Europa Verde – il gruppo che veniva indicato come espressione diretta dell’ex assessore Lele Barbara – avessero seguito il loro leader (ormai ex leader), Tranchida sarebbe andato in difficoltà, perché 10 più 4 fa 14 e nell’ipotesi “minimalista” dei numeri per la sfiducia il primo cittadino sarebbe andato sotto, per meglio dire, a casa. Anche rispetto all’opzione 15 avrebbe avuto il suo da fare per evitare una eventuale fuga in avanti anche di un solo consigliere. Ma gli ex barbariani sono stati chiari: loro rimangono in maggioranza ed a sostegno di Tranchida. Il Sindaco ha comunque ancora qualcosa da puntellare. Si tratta della Giunta. Continua a mancare all’appello l’assessore in quota alla lista Trapani Tua, dopo le dimissioni di Alberto Mazzeo, eletto presidente del consiglio comunale. Discussione aperta, forse con qualche tensione, ma è pur vero che Trapani Tua avrebbe più da perdere che da guadagnarci da uno strappo con Tranchida. All’ipotetica sfiducia potrebbe portare soltanto 3 consiglieri, portandola a 13, quindi non a 14 ed ancor meno a 15: che ci vuoi fare la matematica è così. Ed allora la mozione, salvo cambiamenti in corso d’opera che, al momento, non s’intravedono, pur con il dibattito su quel che avrebbe dovuto e potuto fare e non a ha fatto l’amministrazione in carica, è soltanto un vecchio giochino politico per tenere sulla corda chi, come Tranchida, sa di essere in affanno e sa, al di là delle dichiarazioni e delle conferenze stampa, di avere più di una vertenza politica aperta che va superata con soluzioni concrete che però, in questa fase, non ci sono. Perché Tranchida non vuole sparigliare intestardendosi su uno schema politico che è comunque fallito – il simbolo del fallimento sono le dimissioni di Barbara -, perché Tranchida amplifica e si fa poi condizionare da una pressione mediatica e social che non è l’espressione di una città sicuramente smarrita ma che non è avvezza alle dinamiche Facebook, X e quant’altro; perché ancora non sono chiari i motivi che hanno portato allo scontro con Valerio Antonini e con lo stesso Barbara. E se non si scioglie questo nodo, che la città dovrebbe pretendere di sciogliere, la via più semplice rimane per tutti quella dello scontro. Per la storia: nelle elezioni del 2023, Tranchida venne riconfermato con una maggioranza di 16 consiglieri su 24. Qualcosa per strada l’ha dunque persa.
TRAPANI, I NUMERI DELLA MOZIONE DI SFIDUCIA ED IL FUTURO DI TRANCHIDA

8 Settembre 2025
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