A marzo avrebbe fatto 94 anni. Aristide Gunnella non c’è più. Il sindaco di Mazara del Vallo Salvatore Quinci l’ha voluto ricordare così: “Non si può non riconoscere il grande valore politico espresso dall’onorevole Gunnella nella sua lunga carriera in Parlamento culminata anche con incarichi di prestigio in ambito governativo, nel contesto della cosiddetta Prima Repubblica. E ciò al netto di alcune vicende giudiziarie conclusesi con la prescrizione. Alla famiglia dell’onorevole Gunnella il cordoglio della città”. Parlamentare del Partito Repubblicano dal 1968 per 5 legislature, Ministro per gli Affari Regionali e sottosegretario di Stato.
Leggendo la nota del primo cittadino di Mazara del Vallo, la memoria mi ha riportato bambino ed ha cristallizzato un’immagine come un flashback. Non ricordo l’anno, troppo piccolo. Ricordo invece l’atmosfera, la tensione. Il Circolo “Mazzini” del Pri di Trapani era fibrillante. Stava per arrivare l’avversario di sempre. Ma anche l’alleato nei momenti di responsabilità. Stava per arrivare Aristide Gunnella. Stava per entrare nella roccaforte dei Montantiani. Ad aspettarlo anche i Gunnelliani locali, un po’ intimoriti ma fiduciosi per l’arrivo del loro leader. Io, piccolo, ascoltavo. Ed ero una spugna. Sentivo tutto, volevo sentire tutto. Ero curioso, non capivo, non potevo capire appieno ma quell’atmosfera mi piaceva. C’era attesa, mi faceva sentire protagonista di qualcosa. Gunnella arrivò, qualche riunione breve ma riservata in una delle stanze del Circolo, poi al centro della stanza d’ingresso per il discorso. Lo ricordo come fosse oggi, un silenzio assoluto. Voglia di sentire ma soprattutto rispetto per un leader che poteva essere anche avversario, ma era pur sempre un leader. Un eloquio, il suo, affascinante, avvolgente, ricco, colto. Una vis polemica ma fuori le righe, un sarcasmo di qualità. Io lì, con la mano di mio padre a proteggermi in un Circolo pieno zeppo. Io lì, a respirare una politica che non c’è più. Io lì, con mio padre che mi prese in braccio per poterlo vedere meglio quando stava per andare via. E poi i commenti, che non ricordo più. L’orgoglio di essere repubblicani. La soddisfazione di avere ascoltato un leader sapendo che un altro leader c’era e non era da meno: Nino Montanti. V.M.