Matteo Messina Denaro è morto. Se n’è andato nella notte non riuscendo a difendersi da un male incurabile. Ha lasciato questa terra a 62 anni. Dopo l’arresto non ha mai parlato e l’ha ribadito con forza che dalla sua bocca non sarebbero mai uscite parole sconvolgenti sulla storia di questo Paese e sulla mafia in particolare. Il fiume d’informazioni che sta dando conto della sua morte è ampio, irrefrenabile, in qualche caso morboso. Ci si accanisce sui particolari delle ultime ore di vita, sugli spostamenti dopo la morte, su quello che avverrà a breve. Di conseguenza rimane poco tempo e poca attenzione per occuparsi del profilo criminale di un uomo che ha ucciso e fatto uccidere, che è stato considerato come il capo della mafia siciliana dopo la fine di Totò Riina. Certo gli aspetti umani, i profili familiari legati alle scelte fatte dai suoi parenti sono oggetto di cronaca. Ma forse, mai come in questa circostanza, sarebbe utile interrogarsi su ciò che ha fatto, sulle accuse che l’hanno portato a condanne passate in giudicato. Un momento di riflessione anche sulle commistioni, sulle coperture della sua latitanza. Perché finora – ma è pur vero che le indagini sono state avviate da poco tempo, visti anche i “tempi” della magistratura italiana – il profilo dei fiancheggiatori, di chi è stato al suo fianco per sottrarlo alle patrie galere non è certo alto. Non si tratta d’indagati che possono rivelare fatti eclatanti e neanche entrare nel merito dei grandi misteri di questo Paese, a cominciare dalle stragi. C’è dunque da augurarsi che la morte di Messina Denaro sia soltanto il primo capitolo di una storia ancora tutta da scrivere.
MATTEO MESSINA DENARO E’ MORTO. PRIMO CAPITOLO DI UNA STORIA ANCORA DA SCRIVERE?
25 Settembre 2023
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