MARROCCO DOPO L’ASSOLUZIONE: “IL SISTEMA NON FUNZIONA. NON PORTO RANCORE MA NON DIMENTICO”

4 Maggio 2023

Ieri la reazione di getto, di “pancia” con quel suo “è finito un incubo”. Oggi una riflessione più articolata. Livio Marrocco non è Diabolik. Lo afferma una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste. Una sentenza d’appello. Una storia che l’ex parlamentare regionale prova a ripercorrere in una sua nota stampa: Assoluzione piena. Il fatto non sussiste. Poche parole pronunciate dalla Presidente Piras della terza sezione penale della Corte di Appello per ridarmi ciò che mi è stato tolto per 10 lunghi anni, il mio onore. Dalle indagini partite nel 2012 e dai titoloni del 2014 in cui venivano contestati ben 300.000 euro fino ad arrivare ai 3000 scarsi del processo di Appello che si è concluso con la piena assoluzione”. Il processo Spese Pazze all’Ars che puntava a mettere alla sbarra un’intera Assemblea e che si è però sgonfiato strada facendo. “Un processo – sottolinea Marrocco – partito in pieno clima di odio nei confronti della politica, che ad oggi dopo più di cento indagati si sta concludendo con un nulla di fatto. Ma nel frattempo sono state distrutte le vite di coloro che sono stati travolti dalla gogna mediatica, impossibilitati a difendersi dall’odio dei social”. L’ex deputato affonda il colpo: “Un sistema che non funziona, orientato solo alla gogna e non ai principi costituzionali della non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio. Non porto rancore ma non dimentico. Non avevo mai avuto a che fare con la giustizia ed ho avuto modo di vivere un mondo completamente diverso in cui la tua vita è appesa al nulla”. Ed ancora: “Nessuno mi restituirà questi 10 anni, nessuno mi ridarà indietro ciò che ho perso in termini lavorativi, in termini di carriera istituzionale. Nessuno scriverà nei media tanto
quanto ha scritto in termini negativi in questi anni su di me. Questo lo so ma non dovrebbe essere così!”. Da qui una notazione personale: “Sono riuscito a resistere in questo lungo periodo perché ero certo delle mie ragioni, perché avevo una famiglia che mi sosteneva e che io sostenevo, perché avevo il mio lavoro ed ho potuto difendermi. Non so se un’altra persona avrebbe resistito. Dobbiamo interrogarci su questo. Adesso guardo avanti portando con
me questa esperienza come fonte di forza e coraggio!”.

 

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