LA LETTERA DI GIACOMO BONAGIUSO. IL MIO INVITO AL PROFESSORE

22 Gennaio 2022

Gentile Direttore, scrivo da cittadino di un mondo che a quanto pare non esiste più. Un mondo in cui i valori di parte (che poi vennero bannati da un sistema che insieme ai muri picconò anche ideologie e idee) erano non solo legittimi quanto necessari alla democrazia dell’alternanza. Quella che oggi invece vige è una democrazia dell’emergenza in cui non esiste più destra, sinistra, centro, ma non come categorie di localizzazione geopolitica, ma come contenitori di idee: il cattolicesimo, liberale, sturziano, moroteo, il socialismo, il comunismo persino, o il fronte sociale di destra. Oggi, invece? Che cosa esiste, oltre la cricca per far carriera, avere aiutini e appaltini? Per far parte del giro, come usa dire… Ma il cuore di questa mia lettera, e non si spiega altrimenti il motivo di scrivere una lettera, è personale. Oh sì. Non oggettivo, come oggi sembra essere di moda, ma soggettivo. Oggi, in questo snodo in cui sembra che solo Mario Draghi sia tutta la bontà di un sistema politico italiano, in cui i ministri tacciono perché davvero minuscoli di fronte ad un iceberg del genere, mentre quindi nella incapacità generale di trovare un altro nome, tutti lo vogliono al Colle, e se fosse possibile clonarlo, anche ovunque, io, elettore moroteo, che avevo nella cornice del cattolicesimo sturziano di sinistra (orgogliosamente di sinistra) la mia cornice ideale, io, adesso che faccio Spiego, Direttore: io che una cornice ideale la avevo e sapevo bene con chi stare e chi evitare, politicamente si intende, adesso che divento? Un indeciso? Un misto? Un costruttore? Un utile idiota? Un Mastella o un Bertinotti qualunque? Spiego ancora, Direttore, adesso eleggeranno Draghi al Quirinale. Sicuramente Draghi non clonerà se stesso alla guida del Governo. Forse si voterà. Incredibile. Si voterà. Non subito, perché la responsabilità dei politici lo eviterà? L’attaccamento alla…patria? Bene. Tra poco. E quindi? Ora che le inchieste mostrano come Beppe Grillo usasse il suo telefono come i cattivi politici italiani della prima repubblica, e anche peggio; ora che sappiamo che Conte andò in cattedra con il suo maestro in commissione, come quasi ogni bravo professore universitario italiano, e che Casalino pilotava la stampa come ogni “voce dal sen fuggita” degli anni ottanta e novanta; ora che sappiamo che il Movimento Cinque Stelle ha fallito ovunque, da Roma a Castelvetrano, passando per la lattina di tonno di Montecitorio, che a quanto pare era di qualità pinne gialle, ora che da Casaleggio a Grillo tutto è peggio di Renzi, addirittura, e del  renzismo dei faraoni siciliani, politicamente (si intende) più destra che centri, più berluschino che Natta; ora che tutto ciò si consuma sulle ceneri della bianca balena, e che da Bersani a Letta è tutto un coro di accordi con le stelle cadenti di Grillo dal telefono troppo sporco e Conte dalla carriera troppo democristiana, che persino Lancet giudica un incapace, uno che vorrebbe stare altrove, mentre altrove c’è solo Salvini e la mummia di Silvio, che fa? Si astiene? Si contiene? Si spurga? Si dimette? Si crema? Ecco Direttore, vorrei chiarire questo, in attesa di una sua gradita ed eventuale illuminante dritta, vorrei chiarire ai miei futuri figli, che mi dimetto, da una politica simile, mi dimetto. Perché quando leggo e scrivo che la politica è lo specchio del paese, no, non ci sto, come ululava Scalfaro. O il mio specchio è magico, o io sono un po’ meglio di così. Per cui le scrivo a carattere personale che mi dimetto. Da cosa? Già. Da cosa. Non sono nessuno. Cavolo. Ah sì. Mi dimetto da elettore di centro sinistra se la mia unica ragione di vita politico-ideale è una alleanza con il Movimento 5 Stelle che ha sdoganato la violenza, i vaffa, i leoni da tastiera, i no tav, no vax, no tutto, pro scie chimiche, parlateci di Bibbiano, pidioti, occhieggiando ad un mondo che no, nel mio specchio non solo non c’è, ma non ci deve proprio entrare. Non dirò che vista l’indulgenza recente del PD con i voti di protesta, io voterò Lega. Non le dirò questo. Ma che mi dimetto dalla complicità ad un simile a corso, sì. E perché glielo scrivo? Perché ho tanto studiato nella vita, Direttore, e ho capito che a volte bisogna fallire e perdere, per restare buoni e dalla parte giusta. Che oggi non è più a destra, a sinistra, ma un po’ più in alto. La ringrazio della eventuale ospitalità, un ex elettore di centro sinistra.

Giacomo Bonagiuso

La ringrazio di cuore, davvero! Perché mi ha tolto un peso. Pensavo di uscito di senno. Di essere soltanto io a registrare una deriva morale, culturale e politica di questo Paese. Ed invece no. C’è anche Lei, così almeno siamo in due. M a sono sicuro che non è così e soprattutto che posso allontanare i dubbi che avevo sulla mia tenuta mentale. Lo “scenario” che ha dipinto – perché è davvero un quadro d’idee, una luce di colori del pensiero – è condivisibile. Direi evidente. Ed il fatto che in tanti non riescano a verificarlo è tremendo perché rimanda ad un tempo oscuro, imbelle, incapace di conoscere se stesso. E’ lo stesso “scenario” che avverto da tempo. Lei da moroteo, da cattolico democratico. Io, da mediocre laico. Meglio per essere chiaro: quelli che chiamano senza Dio. Professore, le nostre idee su ciò che sta accadendo sono pressappoco le stesse. Abbiamo fatto il Compromesso Storico! Dico questo non per fare una battuta ma per entrare nel cuore della Sua lettera. Le dimissioni da elettore di centrosinistra. E no! Non posso condividerle. E mi auguro che siano soltanto una buona, direi, ottima, provocazione. Un bel pugno nello stomaco al pensiero annacquato. ad una classe dirigente che si sta muovendo con metodi antidemocratici, ma è così ignorante ed impreparata da essere ignorante a sua insaputa. Apro una piccolissima parentesi, prima di arrivare al dunque. Da settimane, da giorni, questo Paese s’interroga sulla candidatura di Silvio Berlusconi alla Presidenza della Repubblica. Ma si rende conto, Professore! E qui il problema non è la storia personale e politica di Berlusconi. Non entro nel merito. Un Paese serio, e l’Italia non è un Paese serio, si fermerebbe alla carta d’identità. E’ nato il 29 settembre del 1936. Finirebbe il Settennato a 93 anni. Mi fermo qui. Vado al punto. Le sue riflessioni hanno portato alla mia memoria un titolo di un libro a me caro:”Il Potere dei Senza Potere” di Vaclav Havel. Il contenuto porta da un’altra parte, alla rinascita dall’oppressione dell’Unione Sovietica. E’ invece l’impatto emotivo di quel titolo che mi ha sempre affascinato. Condivido delusione, disillusione… Ma non è il momento di tirare i remi in barca – ripeto, la considero una provocazione perché Lei è un combattente ed i combattenti muoiono sul campo -, di lasciare campo largo, questo sì largo, all’ignoranza che si fa cultura, alla violenza delle parole, all’arroganza di un potere che sa solo esprimere rozza ignavia camuffata da decisionismo. Non so come, non so quanto, ma quel titolo che mi frulla per la testa, dovrà, potrà avere cittadinanza. Ed è un titolo che impone militanza e non disimpegno. Caro Professore, proviamo ad onorarlo almeno continuando a pensare. Poi il resto si vedrà. Facciamolo però in prima fila. Quindi come abbiamo sempre fatto. Con rispetto, con democrazia, con responsabilità. Grazie Bonagiuso. 

V.M. 

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