GRAZIE MONSIGNOR FRAGNELLI. LE SUE PAROLE UNA LEZIONE D’UMANITA’

7 Novembre 2020

Grazie Monsignor Fragnelli. Grazie per la sua umanità. Grazie per le Sue parole, vere, simboliche e nello stesso reali, concrete. Grazie per avere interrotto l’orgia di falso moralismo e di moralismo falso che si è avventata su una vicenda drammatica. Quel neonato finito per terra, lanciato dal balcone, merita rispetto, Merita forse anche silenzio, riflessione. Ma in quel selciato non è morto soltanto lui. E’ morta la sua mamma. E’ morta quella che sarebbe stata la sua famiglia. E’ morto il suo papà. Il suo messaggio: “Avvertiamo l’orrore del volto di questo bambino: non lo vogliamo vedere. Avvertiamo la distanza dal volto della sua giovane madre: non fidiamoci o affidiamoci alla sua immagine social. Avvertiamo il bisogno di guardare nell’intimo il mistero del bambino e il mistero della madre: il grembo della madre ha espulso il bambino e il grembo della società, nelle sue diverse articolazioni, era chiuso, non pronto ad accoglierlo ma sempre a giudicare. Nella nostra impotenza cerchiamo il grembo del Vangelo che è misericordia e speranza: di maternità redenta e di società accogliente. Con Madre Teresa vorrei gridare a tutte le giovani che si trovassero in questa tremenda solitudine di non avere paura di chiedere aiuto a Dio e al vescovo. Portate a me il frutto del vostro grembo. Il Signore mi aiuterà a farlo fiorire”, è un atto di vita che squarcia questo scenario di morte, non soltanto fisica. La giustizia dovrà fare il suo corso. La ragazza, 17 anni – è bene ricordarlo -, sarà chiamata a rispondere. Lo sta già facendo da un letto di Ospedale. Sempre la giustizia dovrà chiarire il contesto, eventuali responsabilità. Ma perché tutto non sia fagocitato dal prossimo caso, dal prossimo orrore, dall’orrore di chi si autonomina giudice, premettendo però di non voler fare il giudice, di chi prova ad “indagare” per poter dire una parola in più, per essere più “informato” degli altri in un chiacchiericcio più che mai barbaro ed insensato, l’approccio da seguire è il suo caro Pietro Maria. Perché il suo messaggio di accoglienza è frutto della sua sensibilità e del magistero della Chiesa, di una Chiesa che sta sempre con le porte aperte e che non guarda chi sei ma di cosa hai bisogno. Ma è un messaggio che va dritto al cuore della nostra società. Perché impone uno scatto, anzi, un riscatto culturale. Che sta in una frase che avrebbe pronunciato la giovane – dicono le cronache. Non avrebbe detto nulla ai suoi genitori perché ne temeva la reazione. Ecco, la tragedia nella tragedia è questa. La vita, la nascita di un bambino, non possono avere “regole”. E’ una vita, con la stessa dignità e la stessa forza, di quelle che sono catalogate come “normali”, secondo “norma”, con tutti i tasselli sociali e familiari al loro posto. E’ dunque necessario preservarla con un sistema di protezione che ponga la responsabilità al posto della vergogna, la comunicazione al posto della paura di dire, di raccontare, anche d’interrompere, secondo legge – so che il Vescovo, ed è giusto così non sarà d’accordo su questo punto -, se non c’è la forza, se non ci sono le condizioni per far nascere quella vita, senza finire sul taccuino nero dei benpensanti. Grazie Vescovo, perché su una tragedia come questa, le idee, quelle vere, importanti, possono anche divergere, ma tutte hanno il dovere di essere impregnate di umanità. E la sua idea, le sue parole sono una lezione d’umanità. Il resto dovrebbe essere soltanto silenzio coscienzioso ed attento.  

Vito Manca

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