Undici sindaci su ventiquattro. C’è la loro firma su una lettera inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte ed al Presidente della Regione Nello Musumeci sulla richiesta di modifica dell’ultimo Dpcm che ha introdotto una serie di nuove restrizioni per affrontare la seconda ondata del virus. La nota evidenzia ed amplifica i punti che i primi cittadini ritengono essere critici ed in grado di mettere in discussione il tessuto economico dei loro territori. Se Conte dovesse accettare le indicazioni degli undici amministratori trapanesi sarebbe chiamato a modificare radicalmente il suo ultimo provvedimento. Diversa la posizione del Presidente della Regione Musumeci che ieri in Aula ha ribadito i suoi dubbi sul Dpcm. E non si è limitato alla critica. Ha infatti annunciato un disegno di legge per introdurre dei cambiamenti sostanziali alla linea del Dpcm da definire e soprattutto bypassare in punta di diritto con una legge dell’Assemblea regionale siciliana. Il primo firmatario della nota è il sindaco di Trapani Giacomo Tranchida. Con lui, il sindaco di Buseto Palizzolo Roberto Maiorana, Antonino Accardo (Calatafimi-Segesta), Nicola Rizzo (Castellammare del Golfo), Salvatore Sutera (Salemi), Massimo Grillo (Marsala), Giuseppe Scarcella (Paceco), Nicola Catania (Partanna), Vincenzo Drago (Salaparuta), Giuseppe Peraino (San Vito Lo Capo) e Giuseppe Stabile (Valderice).
Il testo integrale della lettera
Egregi Presidenti,
il nostro Paese, dallo scorso mese di febbraio sta vivendo un periodo unico della sua storia.
Nessuno di noi avrebbe mai pensato di sospendere alcune diritti fondamentali al fine di tutelare il primario diritto alla salute dei cittadini. Le Città che ci onoriamo di rappresentare, durante i mesi di lockdown – nonostante tra queste l’Amministrazione di Trapani avesse financo segnalato l’incongruenza di alcune norme rispetto alla reale situazione epidemiologica della Sicilia, impugnando il DPCM 26 aprile 2020 innanzi al TAR del Lazio – hanno rispettato le misure adottate dal Governo che nel mese di maggio hanno condotto ad una drastica riduzione dei contagi ed alla conseguente lenta ripresa delle attività sociali ed economiche, pur sempre in ossequio alle norme sul distanziamento individuale. Purtroppo, il subdolo virus, a partire dal mese di settembre, ha ripreso a circolare, portando la curva del contagio ai livelli allarmanti di questi giorni. Dinnanzi a ciò, non è certamente possibile rimanere inermi e ognuno dovrà fare la propria parte, onde tutelare la salute dei cittadini ed evitare il tracollo economico, oltre a garantire la stabilità sociale. Nonostante la consapevolezza che l’urgenza e la situazione di gravissima emergenza sanitaria impongono scelte difficili e talvolta impopolari, poiché incidono pesantemente sulla vita reale degli italiani, ci preme rassegnarLe come il DPCM del 24 ottobre 2020, nella pretesa universalità, contenga misure in materia di apertura dei locali pubblici e di svolgimento di alcune attività ludiche e sportive che rischiano di compromettere definitivamente la tenuta del sistema economico del mezzogiorno e della comunità che rappresentiamo e che non rispondono in alcun modo a quelle che sono le reali abitudini del territorio. Chiudere un ristorante o un bar alle ore 18:00 a Milano significa riconoscere loro la possibilità di lavorare, grazie alle decine di migliaia di lavoratori che si spostano giornalmente, mentre gli stessi orari in Sicilia ed in provincia di Trapani non rappresentano – dal punto di vista economico – la fascia oraria di maggiore afflusso di avventori, essendo – nel nostro territorio – in voga la consumazione pomeridiana e serale (ristoranti, pizzerie etc…). Peraltro, e non a caso, abbiamo assegnato spazi pubblici per ampliare gli spazi di sicurezza e posti a sedere per gli utenti. Questo ovviamente, coinvolge tutto il sistema dell’indotto legato alla ristorazione ed ai servizi connessi. Ma v’è di più.
Nel nostro territorio tutte le strutture comprese quelle sportive e le palestre – come
immaginiamo nel resto del Paese – hanno investito decine di migliaia di euro per l’adeguamento delle stesse alle misure di prevenzione. Lo stesso dicasi per i teatri ed i cinema. Ad oggi, non sembra emergere un dato che collega la ripresa dei contagi a tali ultime attività che anzi, rispettando i protocolli, appaiano certamente più sicuri di altri che non subiranno restrizioni. A fronte di ciò, nel chiederLe di modificare il provvedimento adottato, tutelando le attività che hanno fatto cospicui investimenti per salvaguardare la salute pubblica, precisiamo che – laddove ciò non avvenisse – sarà necessario modulare un immediato sistema di aiuti che non conceda indistinte sovvenzioni a pioggia, ma che si basi sulle reali esigenze territoriali, tenendo in debita considerazione quanto sopra accennato, in merito ai costumi e agli usi delle Regioni del Sud, che altrimenti – nonostante i fondi che chiediamo vengano tempestivamente erogati a ristoro – saranno costretti a cessare l’attività, provocando un depauperamento del tessuto produttivo del territorio, con gravissime ricadute sulla stabilità sociale ed economica del Mezzogiorno e della Sicilia. Rammentiamo che l’articolo 3 della Costituzione, nel sancire il principio di uguaglianza sostanziale, impone di adottare in casi uguali il medesimo trattamento ed in casi diversi soluzioni adatte a fattispecie diverse. Sulla scorta di questo principio costituzionale invitiamo, al pari il Presidente della Regione Siciliana- così come dallo stesso preannunziato- ad adottare ogni iniziativa e provvedimento utili a tutelare e salvaguardare i diritti dei Siciliani e a scongiurare la definitiva chiusura delle attività economiche ovvero il pericolo che le stesse cadano in mano alla criminalità organizzata.