Bartolo Pellegrino è morto. La politica siciliana e nazionale perde un cavallo di razza. Venivano chiamati così i politici vivaci, capaci, intelligenti e soprattutto curiosi. Quelli che conoscevano bene le regole del potere ed erano in grado di rispettarle e di farle rispettare. Un cavallo di razza, di un altro livello rispetto ai tanti “somari” che oggi “ragliano” giocando a fare i politici. Lui no. Lui è stato la politica. Uno dei pochi che è riuscito a portare il suo territorio nelle dinamiche regionali e nazionali della politica. Non per le cariche che ha ricoperto – anche se importanti e prestigiose – ma per la sua capacità di produrre politica. Ha sempre guardato avanti. Ha sempre intuito, prima e meglio degli altri, l’evoluzione della politica. Ha commesso tanti errori. Non poteva essere diversamente per un socialista liberale, riformista, con quel di anarchico che questa cultura porta con sé. Ha avuto tanti amici e tantissimi avversari che l’hanno rispettato per quel che diceva e per quel che rappresentava. La sinistra ortodossa l’ha “odiato”. Ma alla fine – togliendo dal suo pensiero e sopratutto dalla sua azione politica alcuni scivolamenti a destra, non suoi ma dei suoi progetti politici – aveva ragione lui. La sua idea di sinistra è quel che manca ad un Paese che sta correndo verso un fascismo strisciante, tanto più pericolo rispetto a quello che si presenta con l’abito istituzionale. Pellegrino è stato accusato di mafia, di essere al suo servizio. Assolto. Personalmente non ci ho mai creduto. Per due motivi. Non per le accuse che erano vacillanti fin dall’inizio ma ben diffuse mediaticamente. Non per l’impianto complessivo di un’inchiesta che rischiava di essere soltanto uno strumento di lotta politica, utilizzato ad arte da chi oggi è in discussiione perché ha fatto del suo agire antimafioso soltanto mercimonio politico. Non ci ho mai creduto per una persona. Per suo figlio Pino. Una persona integerrima. Che ha fatto politica per passione e non per interesse. Che è stato politicamente anche contro suo padre, quando non era né facile, né comodo esserlo. Mi dicevo, ma un padre mafioso, uomo di potere, in grado di condizionare tutto e tutti, come avrebbe mai potuto “digerire” un tale figlio? Hanno respirato la stessa aria politica – al di là delle scelte personali – e l’humus mafioso non consente variazioni sul tema. Può al massimo sopportare l’indifferenza non la contrapposizione. Ed invece Pino è stato libero di fare ciò che ha voluto. La conferma alle mie idee è poi arrivata durante l’inchiesta. Pino non ha mai avuto dubbi sull’innocenza del padre e l’ha aiutato a difendersi quando tutti gli voltavano le spalle, quando era meglio non salutare, quando era utile dimenticare. La linea scelta da Pino ha confermato il mio sentire. Se ne va un protagonista. Chi, come me, ha avuto la possibilità di approfondire la sua storia politica e personale – per una biografia che non è stata pubblicata – può testimoniare la presenza di Pellegrino in tutte le fasi storiche e politiche più importanti della Sicilia ed in parte anche del Paese. Lui lì c’era. E non soltanto per dovere di firma. Era ascoltato e le sue parole avevano un peso politico. Caro Bartolo, che la terra ti sia lieve!
V.M.
Bartolo Pellegrino è morto verso l’ora di pranzo nella sua amata Guarrato. I funerali si terranno martedì prossimo nella Chiesa Madre di Paceco. Prevista anche una camera ardente per l’ultimo saluto all’onorevole.
