Pronti ad andare anche davanti alla Corte Europea, se serve. Ma soprattutto pronti a chiarire, quel che c’è da chiarire nel dibattito che si è aperto dopo il via libera del consiglio comunale di Erice alla mozione “antifascista” – necessaria una dichiarazione per ottenere l’utilizzo di spazi e siti pubblici nel Comune – e la loro presa di posizione. Loro sono l’ex deputato nazionale Michele Rallo e l’attuale sindaco di Custonaci Peppe Bica. Tra le polemiche quella con l’ANPI. La sezione trapanese dell’Associazione Partigiani d’Italia ha contribuito al dibattito-scontro con una recente sentenza del Tar di Brescia ribadisce il divieto a costituire il Partito Fascista, così come prevede una disposizione transitoria della Costituzione. A margine della nota dell’ANPI una considerazione personale del suo presidente Aldo Virzì ha legato la vertenza mozione ad aspetti politici, facendo emergere, a suo dire, la contraddizione che Rallo e Bica si porterebbero dietro con l’adesione ed il sostegno al neo sindaco di Trapani Giacomo Tranchida che, a suo tempo, ha condiviso la mozione e che è un rappresentante di un’area politica dichiaratamente antifascista. Rallo e Bica partono proprio da questo punto per la loro replica: “Teniamo ben distinti i piani politico e amministrativo. Nessuna contraddizione fra il nostro appoggio alla candidatura di Giacomo Tranchida a sindaco di Trapani e la nostra contestazione del Tranchida politico che vuole gli immigrati dell’Aquarius e che vota la mozione antifascista dei grillini ericini. Tranchida è un ottimo amministratore che, per fare un esempio, ha già fatto sparire l’immondizia dalle strade della città. Abbiamo fatto bene a sostenerlo nella sua corsa verso Palazzo D’Alì. Ma ciò non implica assolutamente una condivisione di certe sue scelte politiche, che consideriamo assurde e fuori dal tempo”. Poi i due passano alla sentenza del Tar di Brescia richiamata dall’ANPI trapanese: “L’unico riferimento della Costituzione al fascismo è nella 12 esima disposizione <<transitoria e finale>>, laddove si vieta la ricostituzione del Partito Nazionale Fascista. Al riguardo, significhiamo di essere pienamente disponibili a dichiarare che non vogliamo ricostituire il Partito Fascista. Per il resto, le nostre opinioni politiche, le nostre idee, quello che pensiamo in tema di fascismo, di comunismo, di bonapartismo o di Santa Inquisizione sono cavoli nostri, che attengono esclusivamente alla nostra sfera privata, che rientrano a pieno titolo nelle libertà costituzionali che ci sono garantite e che nessuno è autorizzato a sindacare. Ove dovessimo commettere dei reati nel manifestare le nostre idee, sarebbe la magistratura a farcene carico, non già il consiglio comunale di Erice”. Per nulla preoccupati della sentenza del Tar lombardo: “Su un ricorso che forse non era argomentato in modo perfetto. Vedremo cosa deciderà il Tar di Palermo sul ricorso – <<coi baffi>> – che sarà presentato dal professore Sinagra”. Ed ancora: “A prescindere dal fatto amministrativo, comunque, siamo pronti a tutelare in sede penale il diritto alla libertà di pensiero e di parola che ci è garantito proprio dalla Costituzione”. Ed il professore Sinagra – patrocinante davanti alla Corte Europea di Strasburgo – ha scritto a Rallo e Bica sottolineando che “La Corte Europea si è espressa con giurisprudenza costante sul diritto alla libertà di espressione, ricomprendendovi anche le idee che <<offendono, sconvolgono o turbano lo Stato o qualsiasi categoria della popolazione>>. “Quindi – sottolineano l’ex parlamente ed i sindaco – ammesso e assolutamente non concesso che le nostre idee possano turbare una fetta sia pur piccola di popolazione, esse sono egualmente tutelate dalla giurisprudenza europea, cui si adegua la giurisprudenza italiana, anche della Corte di Cassazione”. Bica e Rallo hanno aggiunto che l’avvocato Sinagra ha fatto cenno anche ad alcune sentenze che condannano i governi nazionali. Da qui le loro conclusioni: “In una controversia come quella che va profilandosi, dunque, il Comune di Erice sarebbe certamente soccombente e sarebbe con ogni probabilità condannato anche al pagamento di un adeguato risarcimento – a titolo di equo indennizzo – ai sensi della Convenzione di Roma del 4 novembre 1950 istitutiva della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Ovviamente, gli amministratori responsabili, in questo caso i membri della giunta e non i Consiglieri Comunali, dovrebbero personalmente risponderne alla Corte dei Conti in sede di giudizio di responsabilità erariale per aver causato danno patrimoniale all’amministrazione”.