Il Comune non lo aiuta, a suo dire. Ha però due figli da sfamare e non trova lavoro. Da qui, un gesto di disperazione che l’ha portato ad incendiare il portone municipale dopo essersi accorto che era sabato (26 agosto) e che gli uffici erano chiusi. Tanta rabbia, alcuni cartoni lasciati dagli esercizi commerciali di Corso Stretto e la vampata per colpire chi non ha ascoltato le sue richieste. Quel Comune che da un anno non riesce a dargli una risposta sulla sua richiesta di sussidio. E’ la versione di A.D.G., 33 anni, alcamese, sottoposto alla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. E’ la versione che i carabinieri hanno registrato e raccolto quando sono andati a trovarlo nella sua abitazione perchè sospettavano che fosse lui l’autore dell’atto vandalico. Ed hanno avuto ragione perché gli abiti di A.D.G. erano ancora umidi dopo essere stati lavati in fretta e furia per nascondere ogni traccia. Il lavoro dei carabinieri è stato agevolato dalle immagini degli impianti di videosorveglianza che si trovano nel centro storico alcamese che già lo stesso giorno dell’incendio del portone del Comune avevano circoscritto il raggio d’indagine ed hanno potuto, subito dopo, dirigersi verso la casa dell’uomo per avviare le indagini e per sentirlo. Per A.D.G. non c’è stato scampo ed ha ammesso le sue responsabilità motivandole con il suo scoramento per le condizioni economiche. Confessione in piena regola, dunque. Ha escluso di avere agito in conto terzi o per intimidire qualcuno. Soltanto rabbia per l’indifferenza, a suo dire, del Comune. L’uomo ha diversi precedenti di polizia per furto, danneggiamento, rapina, resistenza e violenza a pubblico ufficiale, estorsione e associazione per delinquere. Dopo la confessione è stato denunciato. Ma le indagini dei carabinieri sono ancora in corso perchè le immagini della videosorveglianza hanno registrato la presenza, al momento dell’incendio, di altre persone in zona che non si sono rivolte alle forze dell’ordine, nè hanno chiamato per spegnere le fiamme. Rischiano grosso perché potrebbero essere accusate di favoreggiamento personale.