A capo, sicuramente uno dei protagonisti, di un comitato d’affari che ha messo le mani sui lavori del porto di Castellammare del Golfo, sull’attività amministrativa al Comune di Alcamo ed anche nelle nomine, nel 2014, al consiglio di amministrazione della Banca Don Rizzo. Per la Procura della Repubblica di Trapani il regista era l’ex vicesindaco di Alcamo Pasquale Perricone. L’ex amministratore comunale e leader politico è finito in carcere assieme a Maria Girolama Pipitone, Marianna Cottone ed Emanuele Asta. Arresti domiciliari per Francesca Cruciata e Mario Giardina. Per Domenico Parisi è invece scattato il divieto di esercizio di attività professionale. L’operazione “Dirty Affairs”, condotta dalla Guardia di Finanza coinvolge, complessivamente, 32 persone, accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere, corruzione aggravata, bancarotta fraudolenta, abuso d’ufficio, intestazione fittizia di beni, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Nell’inchiesta ci sono i lavori al porto di Castellammare. Il fallimento della società “Nettuno soc.consortile arl” incaricata della riqualificazione dellla struttura portuale. Le investigazioni della Procura ha svelato la natura fraudolenta della bancarotta che ha determinato la distrazione di circa 4 milion di euro. Per investigatori ed inquirenti, Pasquale Perricone era l’amministratore occulto della società. Così come dlela “CEA soc.coop”, società che si era aggiudicata l’appalto e della “COVECO”, già nota per la vicenda del “MOSE” di Venezia. A capo delle iniziative imprenditoriali di queste società la Procura pone Perricone, con l’obiettivo di appropriarsi e dsperdere in tanti percorsi non tracciabili il denaro pubblico che entrava nelle casse della “CEA soc.coop” che doveva occuparsi della realizzazione del porto di Castellammare. Le indagini, spesso complesse, hanno svelato, nella realtà alcamese, di un gruppo ristretto d’imprenditori impegnati, in totale violazione delle leggi, ad accaparrarsi appalti e finanziamenti comunitari. Il comitato d’affari era capace “d’influire prepotentemente sulla gestione politica ed amministrativa del Comune di Alcamo, soprattutto nell’assegnazione degli appalti pubblici”. Nell’inchiesta non c’è soltanto il porto di Castellammare ed il Comune di Alcamo ma anche la formazione professionale. A Perricone viene contestato di avere lucrato sui fondi stanziati per la stessa formazione attraverso una rete di società, tutte intestate a prestanome ma di fatto riconducibili a lui, responsabili di avere simulato l’organizzazione di corsi “fantasma” con il duplice obiettivo di ottenere finanziamenti pubblici e di assegnare posti di lavoro in cambio di favori o altre utilità. Perricone, promettendo posti di lavoro o incarichi professionali all’interno delle società è riuscito a corrompere Emanuele Asta, funzionario direttivo del centro per l’impiego di Alcamo che attestava falsamente la regolarità dei corsi preannunciando la data e l’ora delle ispezioni a sorpresa.
I rapporti con la mafia
Perricone, in passato, è stato chiamato in causa da alcuni collaboratori di giustizia e considerato vicino alla famiglia mafiosa dei Melodia. “Anche nella presente indagine – si legge nella nota degli inquirenti – sono emersi numerosi elementi indiziari che lascerebbero presumere, tuttora, che Perricone, nella propria ascesa imprenditoriale e politica si sia consapevolmente avvantaggiato del beneplacito della famiglia mafiosa dei Melodia”.