TRAPANI, TRANCHIDA “SFIDA” SAVONA, D’ANGELO E BOLOGNA. “DEVONO PARLARE CHIARO”

13 Aprile 2018

Nomi e cognomi. Li fa Giacomo Tranchida. E dopo averli fatti invita i diretti interessati a chiarire le loro dichiarazioni. Si tratta di due ex potenziali candidati sindaci di Trapani, Pietro Savona e Salvo D’Angelo, e del candidato sindaco Peppe Bologna. “Auspico – scrive Tranchida -, che civilmente, come doverosamente si conviene a cittadini modello, quali sicuramente intendono essere i signori D’Angelo Salvatore, Savona Pietro e Giuseppe Bologna, abbiano a recarsi nelle competenti sedi giudiziarie ove esporre quanto, a loro parere, di riprovevole sia a loro conoscenza al punto di rappresentare un presunto danno od ingenerare allarme sociale. Converranno costoro che solo i mafiosi e i malavitosi, da perversa disdicevole cultura non praticano il civico dovere della denuncia nelle debite ed opportune sedi, rispetto al disbrigare le loro faccende con altri deplorevoli mezzi, ivi compreso il mascariamento”. D’Angelo e Savona nei loro documenti per motivare la decisione di non candidarsi a sindaco di Trapani hanno delineato uno scenario politico cittadino preoccupante. D’Angelo si è soffermato sugli interessi economici che ci sarebbero in questa campagna elettorale, Savona ha rispolverato la questione morale. Bologna, nella sua lettera aperta, s’è posto in posizione critica rispetto alle dinamiche elettorali di questa prima fase di confronto su candidati e liste. Tranchida non le manda a dire ed è pronto a respingere l’opera di mascariamento che registra nel confronto politico e nel dibattito sui social. Dice anche di avere inviato una nota al Questore: “Mi sono sentito in dovere di allertare il Questore ed il Prefetto di Trapani, inoltrando una dettagliata e documentata nota al fine di meglio attenzionare quanto sopra succintamente esposto. Fiducioso che le Autorità preposte  assicureranno la tutela dei principi costituzionali e della libertà di voto, confido nell’osservanza dell’espresso e vincolante obbligo del divieto di introdurre nella cabina elettorale il cellulare, non tanto per vietare le libertà individuali ma per restituire invece serena libertà a cittadini vittime di condizionamento da controllo del voto”.

 

 

 

 

 

 

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