ERICE, IL BENE CONFISCATO ALLA MAFIA, LE NORME, I DUBBI DEL DIRIGENTE E LE POLEMICHE NEL PD

16 Novembre 2017

La vicenda del bene confiscato alla mafia in Via Convento San Francesco di Paola, nel Comune di Erice, non è soltanto materia per polemiche politiche ed amministrative, ma sta assumendo, giorno dopo giorno, anche un valore simbolico. Meglio, è la metafora di ciò che è il Paese Italia in questa fase storica. Il bene è in questione è un ex supermercato che dovrebbe tornare ad esserlo. Era di Giuseppe Grigoli, imprenditore mafioso, che riconduce al superlatitante Matteo Messina Denaro. I suoi beni sono stati prima sequestrati e poi confiscati. Nello scorso mese di marzo – amministrazione Tranchida, con il sindaco ancora in carica – il Comune manifesta l’interesse all’assegnazione definitiva dell’ex supermercato Despar e dice chiaramente, fin dal primo momento, che intende utilizzarlo per la salvaguardia dei livelli occupazionali preesistenti. Il riferimento è agli ex lavoratori del Gruppo GDO. Quindi Grigoli, 43 punti vendita, in passato. Tutto finito sotto confisca. L’amministrazione dice anche che definirà un avviso pubblico per la concessione del bene. Anche se l’indirizzo politico è già dichiarato. Il 21 aprile l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata dispone di trasferire il bene confiscato al patrimonio indisponibile del Comune di Erice. Da quel momento è l’amministrazione ericina a dettare tempi e regole. Alla fine di giugno – il sindaco Giacomo Tranchida ha presentato le sue dimissioni per partecipare alle Regionali ed è dunque il vicesindaco Daniela Toscano a prendere il suo posto – la giunta approva un atto d’indirizzo mettendo una serie di paletti per la gestione delle procedure che avrebbero, in seguito, portato alla concessione dell’ex supermercato di Via Convento San Francesco di Paola. Supermercato era e supermercato dovrà continuare ad essere. E’ un punto fondamentale dell’atto d’indirizzo che individua un canone mensile simbolico di 1.200 euro annui. Dunque, ed è qui che si preannuncia uno degli aspetti metaforici di questa storia, governata in punta di diritto, l’immobile viene posto, per così dire, sul mercato – l’avviso pubblico è infatti aperto – per un utilizzo commerciale e quindi a scopo di lucro, inserendo però fin dall’inizio un elemento di distorsione della concorrenza previsto dal libero mercato. Un canone annuo di quel tipo è assolutamente fuori mercato, ma chi utilizzerà il bene è invece parte del mercato. Le pratiche al Comune vanno avanti. All’avviso risponde un solo gruppo. Si tratta del “CDR Group Società Cooperativa” di Castelvetrano. Sono ex dipendenti 6GDO che hanno costituito una cooperativa. Dunque ex lavoratori delle aziende dell’imprenditore mafioso che hanno perso il posto di lavoro ma hanno deciso di non arrendersi costituendo la loro cooperativa. Nell’offerta-progetto della cooperativa il canone annuo sale a 1.500 euro. Lo scorso 9 agosto la giunta Toscano aggiunge un tassello fondamentale. Dà il via libera alla firma di convenzione e contratto. Concessione per 20 anni. Possibilità di rinnovo alle stesse condizioni o con un aumento del canone che va dal 5 al 15%, ma si vedrà alla scadenza. No alla subconcessione. Sì ad un progetto sociale che la cooperativa deve presentare, che presenta e che fa parte dell’accordo complessivo. L’obiettivo è quello di rendere operativo il supermercato prima della fine del 2017. Tempi e procedure, fino a quel momento, erano in linea con la meta da raggiungere. Ma il dirigente che si era occupato della “pratica” Pietro Pedone ferma, come si suol dire la macchina, e pone un problema a se stesso e all’amministrazione. Vuole essere certo che la procedura seguita non possa, alla sua conclusione, acclarare un danno erariale, perché le condizioni di concessione del bene potrebbero non essere adeguate. Il canone, in particolare, è chiaramente una condizione di favore a prescindere da chi sarà chiamato a pagarlo, in questo caso la cooperativa di ex lavoratori 6GDO. Non c’è alcun dubbio che quel canone è fuori mercato. Così come non c’è alcun dubbio che ci si trova di fronte ad una legislazione speciale sui beni confiscati a Cosa Nostra, che non segue le dinamiche di domanda ed offerta. Al Pedone, per accelerare il superamento dei suoi dubbi, viene obiettato che per ex lavoratori come quelli in gioco c’è addirittura la possibilità di assegnare il bene senza alcun pagamento del canone. Il settore del Comune è quello del Patrimonio e dei Lavori Pubblici. E l’architetto Pedone s’è posto il problema della salvaguardia del patrimonio del Comune. Per il presidente del consiglio comunale Giacomo Tranchida le cose sono quanto mai chiare e le ha volute esplicitare in una sua nota: “In relazione a tanto, seppur comprensibile la novità giuridico-amministrativa della procedura – invero, di passata competenza della stessa Agenzia dei Beni Confiscati – e fermo restando il rispetto dell’autonomia gestionale, così come sancito dalla <<Bassanini>>, a nessuno può sfuggire la valenza pubblico-sociale dell’intervento, in armonia con le finalità stesse della speciale normativa antimafia volta a privilegiare il reinserimento sociale dei lavoratori, con l’affidamento gratuito del bene aziendale. Auspico pertanto che il funzionario, responsabile dell’ufficio comunale preposto, abbia ben a ponderare la valenza degli interessi pubblici posti in gioco  – sanciti da norma ed oggetto d’indirizzo politico-amministrativo espresso e più volte riaffermato dalla precedente e corrente amministrazione comunale) rispetto ad avventurose interpretazioni burocratico-amministrative verosimilmente invero lesive degli interessi generali che si vorrebbe, paradossalmente, salvaguardare, tanto per il Comune quanto per la cooperativa di lavoratori”. Tranchida conclude con un auspicio che sa di linea politica: “Confido comunque, in armonia con lo spirito della vigente legislazione, nella serena ma ferma determinazione della Giunta Toscano esaurita, a breve, la fase endoprocedimentale in corso”. La giunta Toscano potrà intervenire soltanto a conclusione del procedimento amministrativo, quando Pedone avrà preso la sua decisione finale. Nel Pd, per una vertenza che riguarda un’amministrazione Dem, c’è chi come Valentina Villabuona, dirigente del partito, coglie la palla al balzo per introdurre nel confronto una questione di forma che poi è anche di sostanza.Scrive su Facebook: “Prendo atto della nota del presidente del consiglio comunale di Erice, che in parte mi rincuora vista la delicatezza del tema e la necessità di tutelare i lavoratori che hanno avuto vicende difficili come quelli di 6GDO. Resto perplessa dal fatto che il presidente del consiglio comunale si sostituisca al sindaco e all’assessore competente di cui mi devono essere sfuggite le note. Noto con rammarico che ancora una volta la colpa sarebbe di un dirigente del Comune, mi chiedo, a questo punto, se ci sia un indirizzo politico al Comune di Erice, dal momento che già ai tempi della pista ciclabile le colpe vennero riversate tutte sul dirigente e segnalo che anche i dirigenti sono lavoratori che vanno tutelati al pari di tutti gli altri. Resta la preoccupazione per una vicenda che non si è ancora conclusa positivamente e dalla quale emerge tutta la debolezza politica di questa amministrazione, sarebbe il caso di cambiare verso. Ringrazio i consiglieri comunali che in queste ore si stanno impegnando alla ricerca di una soluzione e che continuano ad utilizzare i social per informare i cittadini, spiace per chi si nega al confronto, perfino a quello virtuale”. La vicenda, ancora intricata, ha però un punto fermo. Il prossimo 18 novembre, quindi, tra 48 ore, si saprà se l’assegnazione del bene è stata definitivamente ritirata o se invece ci sarà il disco verde per gli ex lavoratori di 6GDO.

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